Teatro cinese
La Collezione Pilone è il frutto di una raccolta appassionata e lungimirante di oggetti, legati alle svariate tradizioni regionali del teatro cinese e in particolare all’Opera di Pechino, fatta dalla giornalista Rosanna Pilone (1931-2006) a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta. La Collezione comprende 465 oggetti tra cui modellini di teatro, maschere e visi dipinti, copricapi, accessori per il trucco, costumi finemente ricamati, ventagli, armi di scena, strumenti musicali, intere scenografie e perfino le lanterne che illuminavano i teatri.
Si tratta di una collezione estremamente importante per il numero, la varietà e l’acribia etnografica con cui Rosanna Pilone la costituì nel corso degli anni. La sua importanza deriva inoltre dal contesto socio-politico in cui fu realizzata, che precludeva gran parte delle comunicazioni con la Cina.
La Collezione è stata oggetto di studi scientifici e del catalogo Teatro Cinese. Architetture, costumi, scenografie curato da Rosanna Pilone, Sabina Ragaini e Yu Weijie per le Edizioni Electa di Milano nel 1995, che accompagnò l’omonima mostra allestita alla Triennale di Milano nello stesso anno. Fu questa la prima e più completa esposizione in Europa del teatro cinese. In seguito la Collezione fu esposta, sebbene non nella sua interezza, a Palazzo Rospigliosi a Zagarolo nel 1997, a Palazzo Reale a Milano nel 1999 e a Palazzo Valentini, presso le Piccole Terme Traianee, a Roma nel 2000. Nel 2013 l’intera collezione fu donata al Museo delle Culture di Lugano, dove è oggi custodita. Nel 2014 il Museo delle Culture ha pubblicato il catalogo Jingju. Il teatro cinese nella Collezione Pilone e l’omonima esposizione tenutasi presso le sale di Villa Heleneum a Lugano.
Per saperne di più si rimanda a: teatrocinese.it
Fotografie e cartoline giapponesi
La Collezione «Ceschin Pilone – Fagioli» è costituita da oltre 10˙000 fotografie all’albumina colorate a mano e realizzate in Giappone nel periodo Meiji (1868-1912). Si tratta di fotografie per lo più appartenenti a quel fenomeno commerciale e artistico noto con il nome di Scuola di Yokohama. La particolarità di questa collezione è costituita dal fatto che le immagini siano contenute all’interno di 203 album, molti dei quali con coperte finemente decorate da maestri giapponesi dell’arte della lacca. Non si tratta dunque solo di una tra le collezioni fotografiche del genere più numerose al mondo, ma anche una delle poche che permette uno studio approfondito dei gusti e degli interessi estetici dei collezionisti occidentali di fine Ottocento, che di quegli album erano gli acquirenti.
La collezione di fotografie è corredata da un altrettanto importane collezione di circa 6˙000 cartoline giapponesi, molte delle quali derivate dalle fotografie del periodo. L’insieme delle opere configura le collezioni della Fondazione come un importantissimo nucleo di studio per l’iconografia giapponese del periodo Meiji che dal Giappone si diffuse, proprio attraverso il medium della fotografia e delle cartoline, al resto del mondo e che ancora oggi caratterizza gli immaginari del Paese del Sol Levante.
Entrambe le Collezione sono il frutto di una paziente ed erudita raccolta realizzata dal Prof. Marco Fagioli, esperto collezionista e storico dell’arte giapponese, a partire dal 1973. Dal 2012 le collezioni sono state progressivamente depositate presso il Museo delle Culture di Lugano dove sono diventate uno dei punti focali del programma di ricerca scientifica. Molte di queste sono già state esposte a Lugano, Venezia, Napoli, Zurigo, Genova, Copenaghen e Parma.
Fotografie cinesi
Nel 2016 la Fondazione ha acquisito circa 300 foto realizzate in Cina tra il 1870 e gli anni trenta del Novecento. I soggetti rappresentati sono i più vari: missioni e missionari occidentali, mendicanti, intellettuali, cavalli, donne o intere famiglie in abiti tradizionali, attori dell’Opera di Pechino, monumenti celebri. Alcune foto sono amatoriali, altre sono opere di famosi fotografi come William Saunders o Fungtai. Alcune foto sono colorate a mano. Dal 2018 la Collezione è conservata presso il Museo delle Culture di Lugano.